1. Anatomia
La prostata è una ghiandola a forma di cono appiattito con la base posta in alto e l’apice in basso. È situata davanti al retto, sotto la vescica e dietro la sinfisi pubica. Essa è rivestita da un sottile involucro fibromuscolare, la capsula prostatica, ed è attraversata interamente dall’uretra.
Le misure medie normali della prostata sono di 40 mm in longitudinale 30 mm in trasversale e 25 in sagittale, con un peso che si aggira dai 15 ai 20 grammi.
Strutturalmente la prostata è costituita per il 30% da fibre muscolari anteriormente, e per il 70% da cellule ghiandolari raggruppate in circa 30 unità chiamate “acini”. Topograficamente si distinguono tre differenti zone nell’ambito ghiandolare:
• La zona centrale: (20% del volume prostatico) circonda la zona di transizione e l’uretra, tranne che anteriormente. È costituita da un sistema di dotti che sfociano anteriormente nell’uretra a livello del veru montanum.
• La zona periferica (75% del volume prostatico) circonda la zona centrale e si estende con ampio sviluppo verticale dalla base all’apice della prostata.
• La zona di transizione (5% del volume prostatico) è intimamente connessa con l’uretra e a contatto, perifericamente, con la zona centrale.
Questa suddivisione è importante perché le differenti zone hanno diversa incidenza delle varie patologie. I tumori della prostata, infatti, nascono quasi esclusivamente dalla zona periferica, le ipertrofie prostatiche benigne dalla zona di transizione, mentre le prostatiti, possono essere localizzate sia in sede periuretrale sia in periferia.
La prostata è attraversata da tre canali maggiori, da un canalino centrale detto utricolo (che dopo la nascita in alcuni casi si atrofizza) e da molteplici canalicoli minori che sono in numero corrispondente a quello degli acini e si immettono direttamente nell'uretra senza confluire in dotti di maggior calibro.
I tre canali maggiori sono i seguenti:
• L'uretra al centro che è il dotto attraverso il quale l’urina contenuta in vescica defluisce all’esterno.
• I dotti eiaculatori che sboccano nell’uretra a livello di una piccola formazione rilevata, detta veru montanum che fanno confluire nell’uretra lo sperma contenuto nelle ampolle deferenziali.
Le vescicole seminali sono due strutture sacciformi, situate ai lati del tratto terminale del dotto deferente e ne costituiscono una specie di diverticolo a fondo cieco di esso.
Esse concorrono alla produzione della parte liquida dello sperma.
2. Epidemiologia ed eziologia
Il carcinoma della prostata è la neoplasia più frequente oltre i 65 anni di età. Dopo il carcinoma polmonare rappresenta la seconda causa di morte per cancro.
Colpisce i maschi prevalentemente dopo il 50° anno d’età, con un’incidenza crescente parallelamente all’avanzare della stessa. L’età avanzata e la presenza di androgeni biologicamente attivi nel sangue circolante e nel tessuto prostatico rappresentano ancora oggi i fattori causali più significativi, l'eziologia del carcinoma prostatico come per la maggior parte dei tumori solidi, è multifattoriale, e deriva da una interazione complessa di fattori genetici ed ambientali. I fattori genetici sono responsabili della familiarità con una diversa incidenza della malattia nelle diverse razze umane.
L’incidenza della malattia è più elevata nella razza nera rispetto a quella bianca, (1/ 2,26 ). Numerosi studi, hanno dimostrato un aumento del tasso di mortalità in gruppi d’individui immigrati in una regione a più elevata incidenza rispetto a quella di provenienza. Queste differenze suggeriscono un coinvolgimento di fattori di tipo ambientale nel determinismo della malattia.
I paesi in cui l’incidenza della malattia è più elevata sono la Svezia, la Svizzera e Norvegia, mentre è più bassa in Taiwan e in Giappone.
Purtroppo non sono ancora stati trovati fattori di rischio certi.
Il testosterone svolge un ruolo permissivo nell’insorgenza di tale neoplasia, ed è probabile che fattori dietetici e razziali possano modulare i livelli sierici di testosterone.
Alcune indagini epidemiologiche sembrerebbero correlare l’aumento dell’incidenza del carcinoma prostatico a diete ricche di grassi (da essi l'organismo sintetizza il testosterone). Altri fattori implicati nella genesi del carcinoma sono: esposizione ai nitrati, al cadmio, al cromo, infezioni croniche della prostata e la vasectomia.
3. Sintomatologia e diagnosi
Il carcinoma prostatico non dà segni precoci; infatti oggi è diagnosticato maggiormente in pazienti del tutto asintomatici. Quando il tumore aumenta di dimensione, in genere si presenta pollachiuria, o ancora più frequentemente nicturia, anomalie del getto dell’urina e cistiti reiterate. Ematuria ed ematospermia sono rare. La diagnosi della malattia ha subito una notevole trasformazione grazie alla diffusione dell’antigene prostatico specifico (PSA) come marker tumorale. Con il suo impiego, il numero di casi di malattia diagnosticati in fase localizzata e asintomatica è in continua crescita; il dato è incoraggiante, ed esiste la concreta opportunità di trattare questi casi efficacemente. Poiché si attende un’ulteriore aumento della malattia nei prossimi anni, (visto il continuo aumento dell'età media) e poiché non è prevedibile una riduzione di questa tendenza attraverso una prevenzione primaria efficace, non vi è dubbio che la prevenzione secondaria rimanga l’unico mezzo teoricamente disponibile per ridurne la mortalità. Tuttavia, un numero ancora alto di pazienti si presenta con malattia localmente avanzata, anche con metastasi e senza sintomi clinici rilevanti.
La diagnosi può essere effettuata con varie metodiche tra cui:
• Esplorazione rettale che dovrebbe essere sempre eseguita nei soggetti di sesso maschile al di sopra dei 40-45 anni d’età. Un aumento del volume, e della consistenza, e/o la presenza di nodularità nel contesto della ghiandola orientano verso una possibile neoplasia.
• Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un forte cambiamento nella disponibilità di metodi diagnostici per la valutazione del cancro alla prostata. In prima istanza c'è l’ecografia, con la preferenza assoluta per l’ecografia transrettale: particolare importanza ha la sua valutazione della diffusione extracapsulare prostatica e l’invasione delle vescicole seminali; l’ecografia ha anche il gran vantaggio di fare da guida ad un eventuale prelievo bioptico.
• La tomografia assiale computerizzata (TAC) e la risonanza magnetica nucleare (RMN) sono largamente utilizzate, anche per lo studio dell'interessamento di altri organi.
• Valutazione dei marker PAP e PSA che si sono dimostrati utilissimi nella diagnosi e nel decorso dei pazienti affetti da cancro della prostata.
La fosfatasi acida prostatica (PAP): è elevata in circa l’80% dei pazienti in stadio avanzato. Importante è ricordare che livelli elevati sono riscontrabili anche nelle patologie ossee (neoplasie, osteoporosi).
Antigene prostatico specifico (PSA): si tratta di un marker tumorale molto sensibile utile per diagnosi tumorale, prognosi, stadiazione, follow-up. Il PSA è una delle proteine d’origine prostatica più abbondante nel liquido seminale umano. Il PSA è presente a livelli compresi tra 0,5 e 2 ng/ml; è prodotto normalmente nel parenchima prostatico, ma i suoi livelli nella ghiandola si possono elevare in presenza d’infezioni, iperplasia o neoplasia maligna. Esso è il miglior marker tumorale sia per lo screening, che per il follow-up del carcinoma prostatico, tuttavia per la definizione della prognosi non si è dimostrato più efficace della stadiazione e della classificazione tumorale. È molto importante notare i cambiamenti di livello del PSA durante una terapia, giacché indicatore di efficacia della cura in corso. Per la valutazione di metastasi a distanza si prevede l’effettuazione di un esame radiologico del torace e di una scintigrafia ossea.
4. Stadiazione
La classificazione in stadi del carcinoma prostatico, è alquanto complessa, e risente del lungo periodo nel quale solo i reperti operatori potevano comunicare informazioni esaurienti. Lo sviluppo della tecnologia delle immagini ha reso realizzabili buone valutazioni dello stadio anche senza l’intervento chirurgico. Fra le numerose classificazioni che sono state applicate, sono riportate la classificazione TNM, le cui applicazioni vanno estendendosi, e la classificazione di Gleason.
Il sistema di classificazione TNM descrive l’estensione della neoplasia, allo scopo di facilitare l’inquadramento del paziente. Il sistema è universalmente riconosciuto, e rimane lo strumento più utilizzato. La sua applicazione dovrebbe essere raccomandata allo scopo di confermare le relative scelte terapeutiche.
Classificazione TNM del carcinoma prostatico consente una descrizione dell’estensione della malattia neoplastica in un dato momento, ricorrendo a tre parametri:
• L’estensione del tumore primario (fattore T)
• Il coinvolgimento linfonodale (fattore N)
• Le metastasi a distanza (fattore M)
Classificazione TNM
• T - Tumore primitivo
• TX - Il tumore primitivo non può essere valutato
• T0 - Nessuna evidenza di tumore primitivo
• T1 - Tumore clinicamente non rilevabile, non palpabile, o visibile mediante ecografia o TAC.
• T1a - Tumore di riscontro accidentale nel 5% o meno di tessuto resecato o asportato.
• T1b -Tumore di riscontro accidentale in più del 5% di tessuto resecato o asportato.
• T1c - Tumore identificato con biopsia.
• T2 - Tumore confinato alla prostata
• T2a - Tumore che coinvolge mezzo lobo.
• T2b - Tumore che coinvolge più di mezzo lobo.
• T2c - Tumore che coinvolge entrambi i lobi.
• T3 - Tumore che si estende al di fuori della capsula prostatica.
• T3a - Estensione extracapsulare unilaterale.
• T3b - estensione extracapsulare bilaterale.
• T3c -Tumore che coinvolge le vescicole seminali.
• T4 -Tumore fisso o che invade le strutture adiacenti oltre alle vescicole seminali.
• T4a - Tumore che coinvolge uno dei seguenti: collo vescicale, sfintere esterno, retto.
• T4b -Tumore che coinvolge i muscoli elevatori o che è fisso alla parete pelvica.
• N - Linfonodi regionali.
• NX - I linfonodi regionali non possono essere valutati.
• N0 - Assenza di metastasi ai linfonodi regionali.
• N1 - La metastasi coinvolge un singolo linfonodo, non superiore a 2 cm di diametro.
• N2 - La metastasi coinvolge un singolo linfonodo, superiore a 2cm, ma inferiore a 5 cm di diametro, o multipli linfonodi di cui nessuno superiore a 5cm.
• N3 - La metastasi coinvolge un linfonodo, superiore ai 5cm.
• M0 - assenza di metastasi a distanza.
• M1 - Presenza di metastasi a distanza
La combinazione dei tre elementi permette di assegnare al singolo tumore uno stadio, che ha una prognosi e una terapia propria.
Abbiamo poi Il sistema Gleason per la determinazione del grado istologico dell'adenocarcinoma della prostata.
Esso tiene conto della diversa differenziazione dello stesso adenocarcinoma.
Viene assegnato un punteggio da 1 (per le aree meglio differenziate) a 5 (per quelle meno differenziate), alle diverse aree della neoplasia in esame e poi si sommano i punteggi delle due aree più estese del campione. Si ottiene così un punteggio finale che va da 2 a 10.
Alla fine tumori con punteggio finale da 2 a 4 sono considerati ben differenziati, da 5 a 7 mediamente differenziati e da 8 a 10 scarsamente differenziati.
5. Scelte terapeutiche
Esistono varie scelte terapeutiche: la chirurgia, la radioterapia, la terapia ormonale ed infine la chemioterapia.
Ogni metodica è scelta in base allo stadio della malattia:
Malattia limitata (stadio T1-T2)
Nei pazienti anziani con un’aspettativa di vita inferiore ai 10 anni e con neoplasia di basso grado e in stadio precoce (T1a) la sola osservazione, con periodici controlli clinici, ecografici, e del PSA, rappresenta un approccio giustificato. In assenza di controindicazioni, i pazienti con malattia limitata alla prostata, ma con aspettativa di vita superiore ai 10 anni dovrebbero essere trattati con chirurgia con intento radicale, (prostatectomia radicale), per via retropubica con conservazione dello sfintere urinario e del fascio vascolonervoso, associata alla linfoadenectomia pelvica bilaterale o con radioterapia a fasci esterni o interstiziale.
Malattia localmente avanzata (stadio T3)
Per l’alta frequenza di metastasi occulte, i soggetti con neoplasia avanzata difficilmente possono essere sottoposti ad un trattamento con intento radicale. In genere è preferito il trattamento radioterapico. I trattamenti chirurgici o radioterapici sono invariabilmente seguiti spesso da una ripresa della malattia. Utile l’associazione con l’ormonoterapia.
L’ormonoterapia è la strategia terapeutica più efficace nel trattamento del carcinoma prostatico avanzato.
6. Radioterapia
La radioterapia a fasci esterni di tipo conformazionale può essere impiegata razionalmente per il trattamento delle forme iniziali e per le forme localmente avanzate. Per le forme T1 e T2, la radioterapia è un’alternativa alla prostatectomia radicale come mezzo di cura elettivo. La prostatectomia e la radioterapia a fasci esterni sono chiaramente forme efficaci di trattamento, con la finalità di guarire tumori limitati della prostata in pazienti adeguatamente selezionati. Confronti incrociati hanno dimostrato analoghe percentuali di sopravvivenza a 10 anni con entrambe le forme di trattamento.
Per la scelta del migliore trattamento per il singolo paziente, è la considerazione degli effetti collaterali di entrambe le metodiche. La prostatectomia radicale può nella maggior parte dei casi dare impotenza sessuale, mentre la radioterapia induce impotenza in una minore percentuale di casi, ma è gravata da maggiore tossicità gastrointestinale. L’irradiazione comporta, in effetti, l'insorgenza di alcuni disturbi transitori acuti, sia a livello urinario (disuria, pollacchiuria, nicturia) sia a livello intestinale (tenesmo, diarrea, crampi addominali). E' comunque necessario valutare attentamente sia l’età del paziente, sia le sue condizioni generali, nonché una serie di parametri biologici relativi alla neoplasia che hanno rilievo prognostico: quali il grado di differenziazione, l’indice di Gleason ed i livelli ematici iniziali del PSA. Per quanto riguarda gli effetti tardivi, il rischio di stenosi e d’incontinenza è accettabile. Una precedente resezione transuretrale aumenta il rischio di queste complicanze. Al fine di ridurre questo evento è opportuno far trascorrere almeno quattro settimane tra la data dell’intervento e l’inizio della terapia.
7. Pianificazione trattamento radioterapico e volumi di irradiazione
Comprende l’inquadramento diagnostico, e clinico del paziente, con la successiva scelta della strategia del trattamento, determinazione del volume bersaglio, e successivamente l’esecuzione del vero e proprio piano di trattamento, che a sua volta include: la specificazione della dose che si desidera erogare al volume bersaglio e di quella da non superare agli organi critici; la scelta ottimale del posizionamento del paziente; l’individuazione del volume bersaglio mediante TC-simulatore; l’individuazione di una tecnica di trattamento; la definizione della conseguente distribuzione della dose nei vari volumi; l’eventuale scelta tecnica di trattamento alternativa se la distribuzione della dose risulta insoddisfacente.
Volumi d’irradiazione
Il volume da trattare e le dosi d’irradiazione sono in rapporto allo stadio della malattia. Nelle categorie T1, T2 e T3 esso è generalmente limitato alla sola prostata e alle vescichette seminali; la dose totale non dovrebbe essere inferiore ai 70 Gy. Non esistono dati clinici certi che sostengano l’utilità di un trattamento profilattico delle stazioni linfatiche pelviche. Nel caso di positività linfonodale occorre invece considerare la possibilità d’irradiare l’intera pelvi, sino a una dose di 45-50 Gy e, successivamente completare il trattamento sulla loggia prostatica con almeno 20-25 Gy aggiuntivi.
8. Simulazione virtuale, e piani di trattamento 3D nell’adenocarcinoma prostatico
Un sistema computerizzato tridimensionale 3D per piano di trattamento consente di elaborare informazioni diagnostiche (immagini provenienti da differenti modalità e differenti localizzazioni di stati patologici), cliniche (tecniche di trattamento e prescrizioni), fisiche (caratterizzazione geometriche e dosimetria delle macchine radiogene e algoritmi di calcolo), biologiche (radiosensibilità dei tessuti e modelli radiobiologici). Tutte queste informazioni concorrono al piano di trattamento personalizzato, al fine di rilasciare al volume bersaglio, la dose richiesta per il raggiungimento di un preciso scopo clinico. In un sistema 3D per i piani di trattamento, a differenza degli algoritmi bidimensionali, si perde la nozione di TC su cui avviene il calcolo, in quanto le differenti sezioni sono ricostruite su di una matrice di voxel, considerata nella sua interezza. Il sistema 3D consente inoltre di visualizzare ogni singolo volume e di analizzarlo nei suoi rapporti spaziali con i volumi adiacenti, rendendo quindi agevole la disposizione dei fasci, e la loro configurazione geometrica, oltre alle tecniche d’irradiazione non convenzionali quali l’utilizzo di campi non adiacenti sui piani delle sezioni della TC non realizzabili con sistemi bidimensionali.
Per la pianificazione personalizzata, mediante sistemi 3D si segue un iter ben preciso:
• Definizione della posizione del paziente e sua immobilizzazione con opportuni presidi d’immobilizzazione (sistemi termo-plastici, materassi a vuoto).
• Acquisizioni dell’informazione diagnostica per la descrizione 3D del paziente mediante scansione TC. Le immagini sono acquisite su una regione che si estende diversi cm al di sopra, e al di sotto rispetto al bersaglio, in modo da permettere l’utilizzo di fasci non complanari e valutare correttamente il contributo della radiazione diffusa.
• Definizione di un sistema di coordinate da usare nelle procedure di planning e che segnate sul paziente, serviranno per il suo riposizionamento al momento del trattamento.
• Caratterizzazione anatomica del paziente e definizioni dei volumi d’interesse e degli organi critici, mediante procedura di contornamento sulle singole slices. La definizione del target del CTV e degli organi critici è effettuata in conformità alle raccomandazioni dell’ICRU 50; il PTV si ottiene aggiungendo un margine attorno al CTV per compensare gli errori di posizionamento del paziente e i movimenti degli organi vicini al tumore.
• Simulazione della terapia con scelta del tipo di radiazione e della tecnica (determinazione delle direzioni d’incidenza dei fasci esterni, d’eventuali blocchi di conformazione o collimatori multi-leaf), mediante simulatori tradizionali o virtuali con ricostruzioni Beam’s Eye View (BEV). Il BEV rappresenta una delle opzioni rilevanti nella simulazione virtuale, poiché permette la visualizzazione dell’anatomia del paziente cosi come vista dalla sorgente d’irradiazione. Ciò consente di scegliere la direzione dei fasci che offrono la maggiore separazione tra tessuti bersagli e tessuti sani. La simulazione virtuale, utilizzando le immagini TC consente di ricostruire un’immagine radiografica 2D, definita comunemente digitally reconstructed radiograph (DRR), che possiede le stesse prospettive geometriche delle immagini portali ottenute in sede di trattamento, mediante Electronic Portal Imaging Device (EPID). Sulla DRR sono visualizzati e localizzati con la corretta prospettiva geometrica i bordi esterni del campo e la forma irregolare degli schermi sagomati eventualmente utilizzati, il perimetro delle strutture critiche e dei volumi bersagli.
9. Modalità radioterapiche
La radioterapia della prostata prevede diverse modalità:
1. Radioterapia a fasci esterni
2. Brachiterapia
3. Radioterapia metabolica (questa ultima per il trattamento delle metastasi ossee da carcinoma prostatico)
La RT a fasci esterni può essere:
1. Convenzionale
2. Conformazionale
3. A modulazione d’intensità
4. Adroterapia
Noi ci occuperemo in questa trattazione della radioterapia conformazionale.
10. Radioterapia conformazionale
Con la recente introduzione di sofisticate attrezzature per l’elaborazione dei piani di cura con modalità tridimensionale, la gestione automatica del trattamento e la valutazione della qualità dello stesso in tempo reale con sistemi elettronici, hanno determinato lo sviluppo della tecnica conformazionale. Si tratta di una modalità d’irradiazione ad alta precisione, con somministrazione di dosi più elevate. Il razionale biologico che sta alla base dell’impiego della tecnica conformazionale consiste nel fatto che il mancato controllo locale, determina un nuovo processo di crescita neoplastico, a sua volta in grado di promuovere la trasformazione di cellule clonogene prive di potere metastatico in cellule che hanno acquisito tale potenzialità, in ultima analisi la comparsa di una recidiva è condizione predisponente alla successiva comparsa di metastasi a distanza. La radioterapia conformazionale è diventata uno strumento di verifica del rapporto tra dose totale e probabilità di controllo locale. Oggi si ritiene che dosi elevate siano efficaci per determinare un più elevato tasso di controllo locale, indipendentemente da altri fattori prognostici, quali il PSA ed il Gleason. La vicinanza di strutture critiche ha tuttavia limitato la possibilità di erogare livelli di dose superiore a 70 Gy con tecniche convenzionali, poiché gli effetti collaterali sono notevoli, mentre l'utilizzo della tecnica conformazionale ci consente di aumentare la dose al volume bersaglio, conformando i campi sulla geometria da trattare, minimizzando cosi la dose rilasciata ai tessuti circostanti, tutto ciò ci permette di superare i fenomeni della relativa radioresistenza del tumore, mantenendo al tempo stesso un livello accettabile di complicazioni. La tecnica d’irradiazione prevista è a campi multipli isocentrici, in genere vengono impiegati sei campi, due laterali e due coppie di campi obliqui. Studi recenti hanno dimostrato che il paziente immobilizzato in posizione prona è possibile rilevare una significativa riduzione della dose al retto e del volume d’intestino irradiato. Gli studi di dose-escalation condotti negli ultimi anni, hanno dimostrato la possibilità di erogare una dose dell’ordine di 80 Gy in otto settimane al volume prostatico senza aumento del tasso di complicanze. L’introduzione nella pratica routinaria dei collimatori dinamici multilamellari faciliterà la realizzazione quotidiana dei campi multipli, di forma complessa, più difficilmente ottenibili con schermature personalizzate.
Presso il Dipartimento di Radioterapia del Secondo Policlinico di Napoli il trattamento radiante del carcinoma prostatico viene effettuato con la tecnica isocentrica conformazionale a sei campi sagomati: due obliqui anteriori, due laterali, due obliqui posteriori; ciò permette di erogare al volume bersaglio una dose più elevata con il contemporaneo risparmio dei tessuti sani circostanti.
L’irradiazione si esegue con fotoni da 20 MV, il volume bersaglio comprende sia la prostata e sia le vescicole seminali. Il programma terapeutico prevede il raggiungimento di una dose totale calcolata al Volume Bersaglio di 76 Gy con frazionamento di 200 cGy/die per 5 giorni a settimana. E’ utilizzato un presidio d’immobilizzazione gonfiabile personalizzato per garantire la riproducibilità giornaliera del trattamento, nonché l’impiego di reperi cutanei per un corretto posizionamento del paziente. Vengono effettuate settimanalmente verifiche per ogni campo di trattamento al fine di controllare la correttezza dell’irradiazione per tutto il periodo di trattamento. Il controllo del corretto posizionamento del paziente viene effettuato comparando l’immagine di simulazione con quella portale, acquisita durante il trattamento, con fotoni X di alta energia.
11. Prognosi
La sopravvivenza globale a 10 anni, dei pazienti trattati con radioterapia con o senza aggiunta di terapia ormonale si aggira intorno al 90% per i T1, al 70% per i T2 e 32-47% per i T3 e T4.
Conclusioni: la radioterapia conformazionale si affianca del tutto alla chirurgia, come terapia del carcinoma prostatico.
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