La voce al telefono è ancora quella di una bambina o meglio, i ricordi me la fanno apparire tale, anche se ora è un’affermata magistrata.
-“ Zio, ma dove ti sei cacciato con la tua abitazione, stiamo girando con Henry a vuoto, tra case e campi, da una buona mezz’ora?”-
Le spiego con cura i vari punti di riferimento, da non trascurare, per raggiungermi nella notte. Dopo tutto, abito sulle colline di Napoli! I contadini, gli ultimi da queste parti, sono già stati avvisati da me e si fanno intravedere alle finestre. Oltre il cancello d’entrata, qualcuno ha spazzato di fresco. Scherzosamente, ieri, ho detto al padrone di casa di far preparare una targa da apporre all’entrata, per ricordare la visita di questo eccelso personaggio, in questo posto, affatto eccelso. Forse si aspettano di veder arrivare una macchina scura con la scorta d’obbligo. Ma io conosco il carattere e le scelte di Henry. Lo scoppiettare di una non fiammante, motocicletta, mi avverte, in un buio stellato, che stanno arrivando. Noi, in realtà, ci si vede, come accade tra parenti, solo a Natale; tutti attorno ad una tavola imbandita, capeggiata da mia madre. Le ricorrenze, in cui tutto ricorre, o almeno, si vuol far ricorrere, con la monotonia dell’anno precedente, per illudersi di fermare il tempo. Stasera ho invitato mia nipote, Stefania e suo marito, quassù, per una cena. Ma il vero pretesto è far vedere le mie opere di pittura e di ceramica con cui ho tappezzato le pareti: il frutto di un lavoro di mente e di cuore, cui tengo. In realtà, il posto è proibito a tutti gli amici, ma ho acconsentito al loro desiderio, per la curiosità di un giudizio. Li aspetto sulla porta. La mia età mi fa apparire tutti ragazzi, sotto i quarant’anni. Ed, infatti, Henry e Stefania sono due ragazzi in jeans, sorridenti sotto il casco.
-“Ma sei pazzo ? quassù !"- “ mi sorride Stefj.
-“Scelte e vicissitudini della vita, lo sai bene”- rispondo.
Saliamo a casa. Guardo Henry. Fa parte della nuova generazione di magistrati giovani e ne rifugge gli orpelli. E’ un giovane ragazzo, dal capello biondo, il sorriso che va e viene appena sul volto. Qualche veloce tic rasenta i muscoli facciali. Magrissimo, tanto da fargli recuperare con un gesto ripetitivo gli jeans, che gli scendono lungo la vita. Si guarda attorno e vede le mie opere sui muri della camera, soggiorno, cucina e pranzo. Stefi parla con la mia compagna, li sento alle spalle. Henry si avvicina ad alcuni schizzi, li esamina attentamente. Io attendo il suo giudizio, che potrebbe essere decisivo per la mia carriera di medico in pensione, in un prossimo futuro. Ha acceso una sigaretta e preceduto da un “Permetti” tira lunghe boccate. Mozart riempie il silenzio della casa, mentre attendo la sua parola. Henry si sposta ancora, lungo la parete, osserva, poi sembra ripassare con lo sguardo tutto il già visto e infine pronuncia in una tonalità fredda e metallica :- “ SONO MANICOMIALI.”-.
Raineri Lucio Paolo -