I giganteschi progressi della medicina dell´ultimo trentennio, il costante miglioramento delle condizioni generali di vita e di lavoro dei cittadini d´Europa, hanno comportato un sensibile aumento della durata della vita media delle popolazioni europee che peraltro, e potremmo dire fortunatamente, sembra destinato a proseguire ed incrementare nel corso degli anni a venire, sembrando quasi voler cedere al desiderio d´immortalità dell´uomo.
Naturalmente, il repentino aumento della vita media non può non comportare tutta una serie di conseguenze per la società che si vede, in qualche modo, rivoluzionata nella sua intrinseca stabilità familiare e sociale.
Una delle conseguenze di ordine sociale forse più´ rilevante dell´aumento medio della vita umana è certamente rappresentato dalla difficoltà di tenuta del sistema previdenziale nei paesi cosiddetti più evoluti, sistema che dovrebbe assicurare la sopravvivenza del lavoratore per tutto il periodo successivo alla cessazione della sua attività lavorativa.
In realtà è pacifico che nessun sistema previdenziale potrebbe indistintamente garantire al lavoratore pensionato, anche dopo il versamento di quarant´anni di contributi previdenziali, una pensione d´importo pressoché pari allo stipendio per i successivi quarant´anni di vita, perciò ogni giorno economisti più o meno autorevoli e politici più o meno accreditati, avanzano proposte di rimedi, riforme e correttivi vari che dovrebbero cercare di garantire una qualche stabilità finanziaria al sistema delle pensioni italiano, almeno per la durata del prossimo secolo.
Quasi tutte le proposte di riforma del sistema pensionistico che si rincorrono in questi ultimi anni nelle stanze della politica e delle istituzioni del Paese, si riferiscono però unicamente alla riforma delle pensioni degli Iloti (potremmo anche dire dei cittadini "base", di quelli cioè privi di "optionals", per intenderci) guardandosi però assai bene dall´includere essi stessi nel calderone generale della riforma; ed allora assistiamo agli anatemi di quel Governatore della Banca Nazionale che, dimentico di godere, insieme con i suoi dipendenti, di uno dei trattamenti previdenziali pubblici più privilegiati del sistema pensionistico italiano, tenacemente propugna una drastica riforma del sistema pensionistico degli altri lavoratori dipendenti, con una cospicua riduzione della rendita pensionistica, guardandosi però bene dal prevedere nella riforma il sistema previdenziale del suo Istituto Bancario che consente anche, per esempio, di ricevere una pensione di euro 300.000,00 annua, dopo solo quindici anni di versamenti contributivi. Oppure assistiamo al solito politicante di turno, spesso anche di quelli che sono soliti camminare sulla sinistra, che tuona contro il sistema previdenziale dei dipendenti pubblici italiani, dimenticando che quello dei parlamentari e dei consiglieri regionali è tra i più favorevoli in Italia, secondo solo a quello dei dipendenti della Banca d´Italia, e che consente di riscuotere una più che cospicua pensione, certamente di gran lunga superiore a quella percepita dal 90% dei lavoratori dipendenti italiani, anche con solo cinque anni di versamenti contributivi.
Insomma, tutti vogliono modificare le pensioni degli altri... ma non la propria!
Ed allora viene da chiedersi in che senso è comunemente inteso in Italia il termine "democrazia": governo del popolo? Governo per il popolo? Governo nell´interesse del popolo? Comunque la si voglia intendere, almeno in questo caso, essa è disapplicata, sia nelle parole e sia nei fatti, ed allora si ritorna al vecchio "ottimo ed abbondante ... ma per la truppa !"
(scritto il 11/08/2003)
La riforma previdenziale
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